domenica 24 maggio 2009

Sui fatti di ieri a Palermo - ALBERO DI FALCONE - I FATTI


AD ULTERIORE CHIARIMENTO SUI FATTI ACCADUTI IERI A PALERMO RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO: (SI CHIEDE AI MOVIMENTI E COORDINAMENTI MASSIMA DIFFUSIONE, GRAZIE)


I FATTI


Verso le 17, in via Notarbartolo, davanti al palco per la celebrazione dell’anniversariodella strage di Capaci, i Cobas hanno steso sull’inferriata di un cancelloil loro storico (ha sulle spalle 16 anni di servizio) striscione LA MAFIA RINGRAZIA LO STATO PER LA MORTE DELLA SCUOLA. Qualcuno (non sappiamo se tragli organizzatori della Fondazione Falcone o – come suggerisce qualchepoliziotto – uno dei tanti capataz presenti) ordina perentoriamente allapolizia di far togliere lo striscione. La Digos ci intima di togliere lostriscione. Lo striscione viene mantenuto al suo posto. Allora una ventinadi energumeni in vestito nero e cravatta, senza alcun contrassegno che nedimostrasse l’appartenenza alla Polizia hanno preso a staccare il lungostriscione (almeno 7-8 metri). Numerosi attivisti dei Cobas e del movimentoantagonista palermitano, che si erano schierati davanti allo striscione,hanno cercato di contrastare l’azione del manipolo in grisaglia. Laresistenza dei compagni si è limitata a tener lo striscione, che venivatirato via da provocatori sconosciuti, e ad urlare VERGOGNA. Nellaconfusione, un compagno dei Cobas finisce a terra, per fortuna, senza graviconseguenze e per poco gli uomini in nero non vanno a ribaltare unacarrozzina con un bambino sopra. La protesta monta, il coro VERGOGNAsovrasta le voci amplificate del palco, operatori e fotografi riprendono.Conquistato il nostro striscione, gli uomini in nero si disperdono tra imanifestanti. Ma non bastava rimuovere lo striscione, occorreva dare ancheuna lezione: così gli uomini in nero fermano una docente dei Cobas, notaalla Digos perché è lei che solitamente va in questura a chiedere leautorizzazioni; altri due compagni dei Cobas, accortisi dell’assenza dellacompagna fermata, vanno a cercarla una di traverse più in là e sono fermatianche loro. I tre vengono portati in questura, dove giungono prontamenteanche alcune di decine di compagni del movimento antagonista e tre avvocatiche la polizia non fa entrare. Ai fermati viene notificato un verbale dellaDigos in cui si ipotizzano tre capi d’accusa: vilipendio allo stato,manifestazione non autorizzata e resistenza alle forze dell'ordine. Verso le20 i tre fermati escono dalla questura,



LE CONSIDERAZIONI


I motivi di questa azione repressiva, oltre quelli condivisibili espressi daUmberto Santino nell’allegato articolo, vanno ricercati nella strettaautoritaria del regime berlusconiano contro l’opposizione sociale comerecentemente avvenuto a Torino in ben due occasioni: la protesta deglioperai di Pomigliano e la manifestazione degli studenti universitari.La rimozione dello striscione è stata solo una scusa, nella manifestazionecircolavano numerosi altri striscioni e cartelli non proprio allineati alclima “volemose bene”: "Via D'Amelio strage di stato", contro il lodoAlfano, ecc.Le accuse ai tre fermati mosse sono iper-pretestuose:- Siamo stati attaccati da uomini in nero che non sapevamo chi fossero;davanti allo striscione eravamo una ventina di persone che ci siamo vistiattaccare da perfetti maneschi sconosciuti; personalmente ho visto il primodistintivo da poliziotto solo una mezz’ora dopo i fatti. Come detto ci siamolimitati a un tiro alla fune per tenerci il nostro striscione. Valuteremocon gli avvocati se ci sono gli estremi per denunciare la prepotenza degliuomini in nero.- La denuncia per manifestazione non autorizzata è risibile: partecipavamo auna manifestazione con tanto di presenze istituzionali. La denuncia appareancora più strampalata quando colpisce 3 persone che da sole hanno tenutouna manifestazione non autorizzata!- L’accusa di vilipendio allo stato mostra che la scarsa dimestichezza deiquesturini con la lingua italiana.- L’accusa di violenza fa parte del tradizionale strumentario inquisitoriocontro gli attivisti politici. Le numerose riprese video delle tv presenti edella polizia stessa possono dimostrare chi ha fatto violenza.Nonostante ciò, ci ritroviamo con l’ennesimo atto intimidatorio da partedella questura contro il movimento antagonista palermitano. Ne ricordiamouno per tutti, l’ostinata persecuzione nei confronti di Pietro Milazzo.Sull’altro versante registriamo la puntuale e confortante solidarietà delmovimento antagonista palermitano che si è dato appuntamento perun'assemblea cittadina martedì 26 maggio alle ore 19:00 al Laboratorio Zeta(centro sociale sotto minaccia di sgombero), in via Arrigo Boito, sui temidel pacchetto sicurezza e delle misure repressive che prefettura e questuradi Palermo da troppo tempo attuano contro chi si azzarda a rivendicarediritti.


A presto


Carmelo Lucchesi

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